L’Alterità del bambino: un territorio incompreso spiegato dai grandi capolavori della letteratura dell’infanzia

Che i bambini sembrino provenire da un altro pianeta è impressione comune per gli adulti che hanno esperienza diretta con l’infanzia, in particolare con la prima infanzia: un’insaziabile curiosità conoscitiva, la necessaria intraprendenza esplorativa, un’intelligenza unica e formidabile, il ricorso al pensiero magico, l’integrazione tra fantasia e pensiero razionale, rendono il bambino, soprattutto nei primi 6 anni di vita, un soggetto conoscitivo atipico e spesso sottovalutato agli occhi degli adulti.

Molti importanti studiosi hanno da tempo rilevato la specificità della prospettiva cognitiva, interpretativa ed esplicativa della prima infanzia e hanno contribuito a dare un nome ai procedimenti mentali che il bambino mette in atto per comprendere i meccanismi del mondo, per comunicare i propri stati interiori, per adattarsi alla realtà. Si pensi per esempio agli studi di Piaget, che già aveva rilevato la tendenza animistica del pensiero infantile, la sua posizione egocentrica e autocentrata, il ricorso al gioco simbolico come simulatore di esperienze di vita. Io preferisco parlare di pensiero magico, per sintetizzare il ricorso alla fantasia del bambino per spiegare eventi o gestire le proprie emozioni: spesso l’adulto osserva e ascolta con sospetto e perplessità, o addirittura scoraggia, il ricorso all’immaginario del bambino, come forma di irrazionalità da cui sarebbe bene uscire al più presto, per approdare velocemente alle forme serie e rassicuranti del pensiero logico e razionale.

Anche le neuroscienze oggi hanno rilevato un funzionamento cerebrale caratteristico nella prima infanzia: per esempio, fino ai 3 anni nel bambino domina l’emisfero destro, un’attitudine che lo induce più facilmente a individuare nessi associativi tra elementi non lineari, salti connettivi tipici del pensiero globale, intuitivo e creativo. Con lo sviluppo del linguaggio, intorni ai 3 anni, l’emisfero sinistro viene impegnato in modo importante, non solo con l’apprendimento del linguaggio, ma anche per l’acquisizione del pensiero logico e della sua caratteristica modalità sequenziale e lineare. L’impennata di “perché?” tipici di quest’età è dimostrazione di un importante impegno sul piano linguistico e razionale.

Inoltre, anche a livello di architettura verticale, lo sviluppo cerebrale nella prima infanzia complica la gestione autonoma degli scompensi emotivi: l’immaturità della corteccia cerebrale rende molto più complesso per il bambino adottare strategie mature e ragionate nella gestione delle emozioni. L’adulto è spesso spiazzato di fonte alle intense manifestazioni di rabbia, tristezza, paura e interpreta come capricci intenzionali, quelle naturali espressioni di immaturità cerebrale che mostrano il bisogno di essere guidato dall’adulto per ristabilire l’equilibrio.

Se la scienza oggi è ampiamente in grado di descrivere questa sorta di “biodiversità” del bambino, la letteratura per l’infanzia ha colto tempestivamente l’alterità del bambino, attraverso la creazione di personaggi iconici e intramontabili, facilmente collocati in una dimensione “altra” e incompresa dall’adulto, chiara rappresentazione di questo stato ontologico dell’infanzia. Quando parlo di letteratura per l’infanzia, intendo l’autentica e buona letteratura, quella che non si pone finalità precettistiche e moraleggianti, attraverso la presentazione di un’infanzia perfetta, ammirevole ed edulcorata. I buoni libri ci presentano un bambino così com’è autenticamente, lontano dalla proiezione idealizzata dell’adulto, un bambino imperfetto, a volte sovversivo e indisciplinato, colto anche da sentimenti antisociali ed egoistici, da emozioni distruttive e sconvenienti. Certo, è un bambino che generalmente nel corso della storia fa un percorso di formazione, ma che comunque parte da lì, da un’infanzia autentica.

Ecco alcuni esempi illustri*, intramontabili, di cui la letteratura e il cinema non si stancano mai di riproporre nuove versioni, che hanno ben rappresentato la tipicità ontologica dell’infanzia:

  • Pinocchio: è un essere arboricolo, per metà umano per metà vegetale, un’immagine che sottolinea il profondo legame dell’infanzia con un passato arcaico evolutivamente lontano dall’adultità
  • Il Piccolo Principe: il bambino in questo caso arriva addirittura da un altro pianeta, un viaggio planetario che evidenzia la lontananza dall’età adulta
  • Peter Pan: in questo caso l’alterità dell’infanzia è resa con la sospensione temporale di chi non vuole crescere più ed evitare la contaminazione con i rischi dell’età adulta
  • Alice: l’alterità è resa con l’immersione in un mondo sotterraneo che porta la protagonista ad avventurarsi in un “Altrove” allusivo e misterioso, e dalla descrizione di modi di fare, ragionare, domandare, indispettirsi tipicamente infantili
  • Le tante, tantissime fiabe** che ho letto, amato, analizzato e studiato e che hanno il coraggio di presentarci bambini spesso soli e impauriti ad affrontare prove certamente più grandi di loro, spesso vittime dell’egoismo e dell’incomprensione dell’adulto, ma irremovibilmente impegnati a raggiungere il lieto fine.

*Giorgia Grilli, Di cosa parlano i libri per bambini. La letteratura per l’infanzia come critica radicale, Donizelli Editore, 2021

**Antonella Bastone, Le fiabe raccontate agli adulti. Storie di ieri e di oggi per la formazione, CELID, 2021

 

Pubblicato da

antonellabastone

Pedagogista, laureata in Scienze dell'Educazione e in Formazione dei Formatori, specializzata in Neuropedagogia, svolgo attività di formazione, consulenza, orientamento e ricerca in campo psicologico, educativo e sociale, presso enti pubblici e privati. Sono docente a contratto di discipline pedagogiche presso l'Università di Torino, del Piemonte Orientale e di Genova .

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