Miyazaki e le contaminazioni con la fiaba tradizionale

Miyazaki, indiscusso genio creativo del cinema d’animazione, dimostra regolarmente di attingere da un patrimonio narrativo transculturale, da cui affiorano anche immagini e metafore della fiaba tradizionale europea e della cosiddetta letteratura per l’infanzia d’autore. Il risultato è una contaminazione sorprendente di contenuti, immagini, evocazioni capaci di intrecciarsi in trame che arrivano in profondità ad un pubblico intergenerazionale che da anni ha consacrato al successo la sua arte narrativa. Già in uno dei suoi primi film, Laputa, incontriamo l’isola volante descritta da Swift nel terzo viaggio di Gulliver che, dopo lillipuziani e giganti, si imbatte in un popolo di bizzarri scienziati estremamente dotti e tecnologicamente avanzati, ma del tutto incapaci di svolgere attività pratiche: uno sferzante attacco satirico di Swift  alla società del suo tempo e alla degenerazione del progresso. Laputa è un luogo immaginario in cui Miyazaki ambienta una trama di significati nuovi, condotta dagli immancabili giovani protagonisti. Continua a leggere Miyazaki e le contaminazioni con la fiaba tradizionale

L’Alterità del bambino: un territorio incompreso spiegato dai grandi capolavori della letteratura dell’infanzia

Che i bambini sembrino provenire da un altro pianeta è impressione comune per gli adulti che hanno esperienza diretta con l’infanzia, in particolare con la prima infanzia: un’insaziabile curiosità conoscitiva, la necessaria intraprendenza esplorativa, un’intelligenza unica e formidabile, il ricorso al pensiero magico, l’integrazione tra fantasia e pensiero razionale, rendono il bambino, soprattutto nei primi 6 anni di vita, un soggetto conoscitivo atipico e spesso sottovalutato agli occhi degli adulti. Continua a leggere L’Alterità del bambino: un territorio incompreso spiegato dai grandi capolavori della letteratura dell’infanzia

Distopie formative: immaginare la fine del mondo per esercitare la produzione di soluzioni possibili

L’uomo è innanzitutto un animale narrante.

L’atto del narrare storie è intrinseco alla natura umana, in quanto correlato a specifiche strutture cerebrali: la biologia ha selezionato, favorito e trasmesso le abilità narrative in quanto capaci di produrre un archivio mentale di situazioni complesse capaci di migliorare le possibilità di sopravvivenza e di adattamento dell’essere umano. La narrazione è infatti una forma di organizzazione psichica universale, disponibile a tutti gli esseri umani indipendentemente dalla cultura di appartenenza, che consente di dare senso all’esperienza vissuta (Bastone, 2021).

Ma allora perché immaginare distopie? Quali bisogni vengono appagati dall’immaginare futuri catastrofici, in cui l’umanità confluisce, senza ulteriori speranze, in una conclusione inesorabile della sua storia naturale e sociale? Per quale motivo la mente narrante sente la necessità di ipotizzare un ribaltamento della naturale propensione ottimistica del lieto fine? Continua a leggere Distopie formative: immaginare la fine del mondo per esercitare la produzione di soluzioni possibili

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