Che cosa può avere di tanto affascinante una buca nel cortile di una scuola? Un cortile che ha ovviamente la consueta serie di attrazioni per bambini (altalene, campi da pallavolo, strutture per arrampicarsi)… Tuttavia, una semplice buca diventa lo scenario preferenziale di gioco, al punto da meritarsi addirittura l’iniziale maiuscola ed essere denominata appunto “La Buca”.
La
risposta è molto semplice: “E’ piena di salite e di discese, di rami e di
sassi, e in un punto c’è del fango giallo che non finisce mai!”. E soprattutto “Lì si può giocare a
qualsiasi cosa”. Insomma, è lo scenario perfetto per giocare liberamente a
ciò che si vuole, riempendo continuamente di significati nuovi uno spazio
destrutturato e imprevedibile.
Questo
delizioso albo scritto e illustrato di Emma
AdBåge – una delle più promettenti illustratrici svedesi di nuova
generazione – affronta un tema pedagogico oggi particolarmente attuale, ossia forte
tendenza all’eliminazione del rischio. Oggi gli ambienti di vita del
bambino sono sempre più sicuri, sia dal punto di vista fisico che sociale, e
parallelamente gli adulti impegnati nell’educazione delle nuove generazioni
eccedono spesso in iperprotettività, impedendo al bambino di fare una
naturale esperienza di autoregolazione al rischio. Al rischio occorre infatti
essere intenzionalmente e gradualmente esposti, al fine di educare
all’esplorazione dei propri limiti e possibilità.
Al contrario, molti adulti di oggi eliminano in partenza la possibilità di rischio (non solo fisico, ma anche emotivo e sociale), l’esposizione alla frustrazione o all’insuccesso, nell’illusoria attesa di contribuire alla felicità e alla sicurezza del bambino. Nel libro questa fantasia angosciosa dell’adulto, che ovviamente interviene regolarmente per impedire il gioco libero dei bambini nei pressi della Buca, è espressa con una frase puntuale e lapidaria: “perché si può morire”.
Inoltre,
nelle società occidentali la maggior parte delle attività dei bambini
(sportive, culturali, ricreative) sono organizzate, pianificate e gestite da
adulti. Nella vita di molti bambini di oggi, quasi non esiste la reale
esperienza di tempo libero, perché l’intera giornata è scandita
da tempi, spazi e gruppi con strutture burocratiche da rispettare. Il risultato
è una generazione di bambini più incapaci di valutare situazioni e distinguere
pericoli.
Ecco
che La Buca diventa rappresentazione fisica e metaforica dell’innato desiderio di
esplorazione del bambino, il gusto per l’avventura, la necessità di scoperta e
di confronto con la complessità. È lo spazio fisico che consente giochi
sempre nuovi, in cui il bambino impara a gestire il proprio corpo, a misurare
proporzioni e rapporti, a sviluppare equilibrio e adattabilità.
La
Buca non è solo materialmente “un vuoto da riempire”, è anche metaforicamente assenza,
spazio vuoto, ossia il contesto giusto e terreno fertile per stimolare la creatività.
È irregolarità e imprevedibilità, la rottura degli schemi ludici
preconfezionati dagli adulti.
Il divieto dell’adulto non impedirà l’intimo desiderio dei bambini di misurarsi con La Buca: non potendo più giocare dentro la buca, inizieranno a sostare sul confine, irreparabilmente attratti dalle sue potenzialità di gioco. Il confine della buca non è solo fisico ovviamente, ma anche simbolico, ossia il desiderio di valicare il confine delle regole dell’adulto. E quando la buca addirittura verrà riempita, scomparendo definitivamente dal cortile, ecco che lo sguardo dei bambini si sposterà al Mucchio, un nuovo territorio da esplorare e conquistare. Purchè non sia l’adulto a definire i confini del gioco.
Emma AdBåge (2020), La Buca, Camelozampa
Antonella Bastone (2019), A lezione con i film d’animazione. Quando il cartone animato incontra la pedagogia, (Gruppo Editoriale L’Espresso)
Antonella Bastone (2021), Le fiabe raccontate agli adulti. Storie di ieri e di oggi per la formazione, CELID Edizioni