Il film La canzone del mare (2014) è un’incantevole fiaba che recupera l’immaginario fantastico irlandese e lo sviluppa al punto da affrontare questioni evolutive particolarmente attuali, come la rivalità fraterna e la gestione delle emozioni.
Dell’antico immaginario del Nord, ritroviamo innanzitutto le protagoniste femminili: le Selkie, creature mitologiche irlandesi, caratterizzate da una natura duplice. Esse vivono nel mare con aspetto di foche, ma possono rimuovere il manto e assumere aspetto umano sulla terra. La Selkie rappresenta la complessità della natura femminile – metà umana metà creatura magica – ed è il collegamento necessario fra mondo reale e il cosiddetto “altro mondo”.
Le Selkie però hanno un periodo limitato di tempo sulla terra, anche quando amano un uomo terrestre, anche quando questo amore è autentico e profondo… Non sono di questo mondo, la loro natura è magica (come ben argomentato da Pinkola Estes, vedi a questo proposito Pelle di foca, Pelle d’anima in “Donne che corrono coi lupi”).
Solo la Selkie può ripristinare l’equilibrio tra i due mondi perché li contiene entrambi, attraverso il magico canto del mare, da cui il titolo del film, sovvertito dalla malinconica Strega Civetta.
E a questo punto la fiaba ci parla anche di attualissime questioni educative: innanzitutto la gestione delle emozioni, che richiede la necessaria accettazione e rielaborazione anche di quelle negative! Non come la Strega Civetta che, pensando di fare del bene, elimina tutte le sofferenze degli uomini, rendendoli così statue di pietra…
E si parla anche di relazioni tra fratelli, perché la piccola Selkie alla fine deciderà di rinunciare alla sua natura magica e di restare sulla terra, forte del legame col padre e soprattutto col fratello, un rapporto inizialmente centrato su un’intrinseca e fisiologica rivalità.
Non bisogna dimenticare che il film, candidato a ben 2 Oscar nel 2015, fa un’inversione di tendenza nel cinema d’animazione. La grafica, lontana dai modernissimi effetti speciali, ritorna a un disegno delicatissimo e soffuso, quasi un acquerello, adattissimo ad evocare l’immaginario fiabesco.
*Per ogni approfondimento sul tema:
Antonella Bastone (2019), A lezione con i film d’animazione. Quando il cartone animato incontra la pedagogia, Gruppo Editoriale L’Espresso