Il realismo magico di Marquez e Disney: affinità e divergenze tra i Madrigal di Encanto e i Buendia di Macondo

A maggio del 1967 il premio Nobel Gabriel Garcia Marquez pubblicava “Cent’anni di solitudine”, considerato una delle opere letterarie più significative del Novecento, espressione di quella pienezza culturale che solo le grandi opere sanno procurare, quelle capaci di attraversare il tempo senza invecchiare. Sono opere che continuano ad affiorare a distanza di anni e generazioni, assumendo formati narrativi diversi e contaminandosi con generi contemporanei, ma mantenendo un legame indissolubile con quel nucleo di temi e significati da cui originano.

Possono produrre esiti anche molto diversi, allontanarsi significativamente dai messaggi iniziali, ma sempre il lettore attento riconosce quell’atmosfera narrativa che fa da cornice alla trama e che tanto ha nutrito mente e sentimenti.

Il film Encanto della Disney (2021) non smentisce le aspettative sul cinema d’animazione “d’autore”, in questo caso capace anche di veicolare suggestioni letterarie colte, a testimonianza che il cinema d’animazione è portatore di una “saggezza spesso inaspettata”*: In questo caso, come non cogliere l’analogia con la famiglia Buendìa di ‘Cent’anni di solitudine’? Il realismo magico e soprattutto la ‘casita’, autentica protagonista del film e del capolavoro di Garcia Marquez, anima attiva di eventi ed emozioni dei personaggi, contenitore partecipante di azioni e intenzioni?

Molte le analogie, ma anche tanto differenti gli esiti comunicativi.

In entrambe le storie, una stirpe che si sviluppa dalla figura di una matriarca (Ursula in Marquez, Abudela in Disney) che per tutta la sua lunga vita lotterà per dare senso e direzione alle diramazioni generazionali che seguiranno. Personaggi psicologicamente stereotipati e prevedibili: in Marquez, addirittura il nome assegnato ai nuovi nati sembra essere in grado di prevederne il carattere, Disney rimarca la stereotipizzazione classica dei personaggi fiabeschi, costruiti rigidamente attorno ad una sola caratteristica fisica o caratteriale**. La casa di Macondo è teatro di stanze miracolose in cui alcuni personaggi della famiglia si ritirano, spesso scomparendo per lunghi periodi temporali, allo scopo di decifrare misteri trascritti su pergamene criptiche e carpire segreti al futuro con arti magiche. Anche in Disney c’è un personaggio analogo, lo Tio Bruno, avvolto nel mistero del suo talento divinatorio e capace di leggere nel futuro.

Tuttavia….

La storia di Macondo è un ciclo generazionale che incombe su se stesso, fatto di intrecci relazionali complessi e articolati in cui ogni membro della famiglia sarà sempre prigioniero delle durezze e delle esasperazioni del proprio carattere: forza, temerarietà, superbia, passionalità, egoismo, invidia, rancore, ma soprattutto, come preannunciato dal titolo, di solitudine. Neanche un diluvio di quattro anni asseconderà quell’aspettativa di rinascita e di espiazione che si percepiva fin dall’inizio della storia. Una famiglia che, pur attingendo dal proprio interno per la sua riproduzione, cresce esasperandone i confini originali e consanguinei, restando tuttavia accerchiata alla grande matriarca trisavola che, fin dal principio, ne dà una definizione indubbia: “Questa è una famiglia di pazzi”.

Sarà un uragano biblico a mettere fine alla stirpe, maledetta alla perdizione e alla solitudine, così come da sempre era previsto nelle pergamene del misterioso zingaro Melquiades, chiudendo il cerchio di un albero genealogico avviato da un vecchio matto e chiuso dalla creatura mitologica nata da un amore incestuoso (a questo proposito, c’è una chiara citazione in Encanto del romanzo colombiano, quando lo Tio Bruno, riferendosi ad una storia di intrattenimento, parla di un amore proibito tra zia e nipote).

Ma Disney, si sa, racconta storie diverse, di formazione, crescita, accettazione, sviluppo di sé. La casita dei Madrigal è, sì, luogo magico e affascinante, ma anche fragile impalcatura costruita su presupposti sbagliati. Il messaggio formativo è semplice, ma non scontato: le aspettative familiari sul ruolo di ogni membro, anche se in termini talentuosi, possono soffocare e limitare il soggetto. Le aspettative altrui hanno un peso che può diventare insostenibile, la perfezione può essere afflizione e la stessa famiglia può diventare una prigione in cui è difficile crescere autenticamente. Per questo la casita deve crollare, per essere ricomposta. C’è bisogno di ricominciare, destrutturando e ricostruendo letteralmente la casa-vita per ri-scoprirsi protagonisti capaci di libertà e autoprogettualità.

 

*Antonella Bastone, A lezione con i film d’animazione. Quando il cartone animato incontra la pedagogia”:

**Antonella Bastone, Le fiabe raccontate agli adulti: storie di ieri e di oggi per la formazione”

 

Pubblicato da

antonellabastone

Pedagogista, laureata in Scienze dell'Educazione e in Formazione dei Formatori, specializzata in Neuropedagogia, svolgo attività di formazione, consulenza, orientamento e ricerca in campo psicologico, educativo e sociale, presso enti pubblici e privati. Sono docente a contratto di discipline pedagogiche presso l'Università di Torino, del Piemonte Orientale e di Genova .

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