Cronache semiserie di una formatrice peregrina

RebeccaDautremerDopo oltre 10 anni nel ruolo di formatrice, è arrivato forse il momento di trarre alcune considerazioni sulle attività svolte e su alcuni aspetti che mi appaiono imprescindibili nella valutazione di questa professione. Ma … ho voglia di farlo con un po’ di leggerezza, per comunicare che questo ruolo richiede certamente competenze molteplici, tecniche e trasversali, passione, creatività e che può essere anche molto divertente. Suddividerò queste riflessioni in alcune categorie d’interesse, non necessariamente in connessione logica.

I tempi

La maturità professionale: ho iniziato a lavorare in aula paradossalmente nel ruolo più istituzionale che abbia mai ricoperto, ossia come professore a contratto in università. Avevo 24 anni, mi ero laureata a febbraio e in autunno ho avuto i miei primi incarichi per la didattica integrativa. Nell’arco di qualche mese ero dall’altra parte della cattedra, con la giusta dose di ansia da prestazione e la fatica a gestire un’autorevolezza che faticavo a riconoscermi. La mia attenzione era concentrata sui contenuti da trasmettere, rigidamente selezionati e accuratamente preparati, e sulla mia capacità di esporli. La preoccupazione per la relazione e per il clima dell’aula, per il feedback degli allievi e  per l’effettiva ricezione dei contenuti è maturata con l’esperienza e il tempo mi ha insegnato che occorre prima lavorare sulla relazione con la classe e poi sulla trasmissione dei contenuti. Quando si diventa professionalmente maturi? Non lo so, non credo ci sia un’età precisa, per me ha coinciso indicativamente con la soglia dei 30 anni, quando mi sono accorta che il mercato considerava me e il mio curriculum “senior” e io ci stavo bene.

I tempi d’aula: la formazione, si sa, ha tempi molto variabili. Ci sono stati mesi in cui ho lavorato per poche giornate e altri 6 giorni su 7 fulltime. Sono stata in aula per poche ore, fino a 12 ore quasi consecutive, per progetti diversi. Il tempo in aula è un tempo intenso e spesso faticoso, anche da un punto di vista relazionale, perché il formatore mette a disposizione la propria esperienza di vita e professionale, quale tramite attraverso cui si trasmette e si produce conoscenza.

I luoghi

Aule insolite: il formatore necessita di grandi capacità di adattamento, lo sappiamo. Spesso i luoghi che ci ospitano non sono dotati propriamente di aule didattiche. Anche l’attrezzatura che abbiamo in mente di utilizzare potrebbe non essere adatta o semplicemente non funzionare. Alcuni esempi? Ho fatto lezione in cinema, in palestre, in corsie dei supermercati e anche in una cappella (!!) .

“Faccio un salto a Roma per una lezione e torno”: le opportunità interessanti di lavoro potrebbero non essere dietro casa… Lo scorso anno in una settimana ho cambiato tre province e due regioni. Ultimamente collaboro con alcuni enti di Roma, in genere mi sposto in giornata facendo 8 ore di Frecciarossa in un giorno per 6 ore di docenza. Perché il giorno stesso è comunque bello essere già a casa.

Gli strumenti

Dicevamo, questo è un lavoro anche creativo (a questo proposito, vedi il mio articolo “La cassetta degli attrezzi del formatore”). Personalmente amo variare le metodologie a seconda di contesti, destinatari e obiettivi, alternando la lezione tradizionale con simulazioni, role playing, studi di casi, film, cartoni animati e non in ultimo fiabe*!

Le persone

Penso ai tanti gruppi avviati, guidati, anche un po’ accuditi, e alla fine congedati. È il processo di questo lavoro: un’esperienza di accompagnamento che non è per sempre, ma solo per un pezzetto di strada. Ogni gruppo è una sfida, un percorso di crescita, qualcosa che nasce, cresce e poi si conclude. È  l’incontro  con le persone e con le loro storie, continuamente nuove, un incrocio irripetibile di narrative individuali, da cui lo stesso formatore apprende moltissimo. Ho lavorato con persone di ogni età, dai neodiplomati alle persone più mature (ho avuto in aula una signora di oltre 80 anni che era al suo terzo diploma!), di ogni estrazione professionale e sociale (dagli operai ai dirigenti), di molte provenienze etniche e culturali.

Dall’insostituibile variabilità e flessibilità di contenuti, metodi, luoghi, tempi e persone si consolida questo ruolo. E chi è in aula è comunque, sempre, in prima persona, in formazione.

 *Antonella Bastone (2014), Le fiabe raccontate agli adulti. Storie di ieri e di oggi per la formazione, Edizioni ilmiolibro.it (Gruppo Editoriale l’Espresso)

 

Pubblicato da

antonellabastone

Pedagogista, laureata in Scienze dell'Educazione e in Formazione dei Formatori, svolgo attività di formazione, consulenza, orientamento e ricerca in campo psicologico, educativo e sociale, presso enti pubblici e privati. Sono docente a contratto di discipline pedagogiche presso l'Università di Torino, del Piemonte Orientale e di Genova .

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