Una bambina che ha da poco iniziato la prima elementare, affronta le necessarie richieste di maggiore maturità ed autonomia di questa fase. Di fronte alla prima, piccola occasione di errore didattico si mostra frustrata e scoraggiata. Ma soprattutto resta stupefatta di fronte a questa osservazione: “Tutti sbagliano. I piccoli e anche i grandi. Non esiste nessuno al mondo che non abbia mai sbagliato”.
Penso all’esaltazione della libertà individuale e all’atmosfera di onnipotenza che spesso trapela dalla nostra cultura, alla spinta, anche mediatica, al successo personale e autocentrato, alla minimizzazione o negazione degli insuccessi, in una prospettiva di perfettibilità illimitata.
Occorre recuperare il valore dell’errore, dell’insuccesso e del fallimento, riflettere sull’importanza formativa dell’imperfezione e sull’incontro inevitabile nelle nostre esperienze di vita. Mai come in questi tempi onnipotenza e fragilità sono stati così vicini.
Un bambino dichiara alla maestra di non aver più voglia di svolgere il compito perché si è stancato e, per dimostrarlo, sfida l’insegnante strappando il proprio quaderno.
In una fredda giornata di inverno, un bambino esce da un bar sul passeggino con un ghiacciolo in mano. La mamma, visibilmente provata, commenta ad alta voce che non è riuscita ad opporsi ai capricci del bambino sul desiderio del gelato.
Le rivoluzioni di pensiero degli scorsi decenni ci hanno lasciato un po’ orfani di funzioni normative e ci hanno bruscamente catapultati in un modello permissivista, dopo lunghi decenni di una pedagogia autoritaria e patriarcale. Il recupero della centralità del bambino, come interlocutore attivo della relazione educativa, ha reso gli adulti più attenti ai suoi bisogni affettivi ed emotivi, ma spesso incapaci di gestire la necessaria funzione di contenimento normativo. Stabilire regole chiare e coerenti, sapere rifiutare all’occorrenza alcune richieste, dis-confermare e proibire alcuni comportamenti, chiarire e condividere la distribuzione del potere, instilla la paura di non essere amati e di non essere un buon genitore. Eppure si ama anche con le regole. Funzioni normative e funzioni affettive non si annullano a vicenda, ma vanno per forza di cose a braccetto. Si educa al rispetto, non alla paura, perché il rispetto lascia spazio al confronto e alla negoziazione.
Oggi, si corre il rischio che, in un nuovo, confuso bilanciamento di poteri, nessuno eserciti più la funzione normativa, con complicate ripercussioni sulla gestione del bambino, lasciato spesso nel disorientamento e privo dei confini necessari alla sua crescita: il “genitore amico”, curiosa invenzione di questo secolo, non può produrre buoni risultati. Ha senso lavorare su ruoli genitoriali consapevoli, dove funzioni normative ed affettive vengono esercitate vicendevolmente e coerentemente da madri e padri.
I genitori di oggi sono certamente più soli di un tempo*. E forse i gruppi su WhatsApp di genitori sono una timida (ed inefficace) risposta a questa percezione.
Raramente esistono scorciatoie in educazione. Educare richiede tempo, pazienza, riflessione, consapevolezza.
*Vedi anche a questo proposito “Connessi, eppur lontani: individui, genitori e famiglie nelle società complesse“.