L’uomo è innanzitutto un animale narrante.
L’atto del narrare storie è intrinseco alla natura umana, in quanto correlato a specifiche strutture cerebrali: la biologia ha selezionato, favorito e trasmesso le abilità narrative in quanto capaci di produrre un archivio mentale di situazioni complesse capaci di migliorare le possibilità di sopravvivenza e di adattamento dell’essere umano. La narrazione è infatti una forma di organizzazione psichica universale, disponibile a tutti gli esseri umani indipendentemente dalla cultura di appartenenza, che consente di dare senso all’esperienza vissuta (Bastone, 2021).
Ma allora perché immaginare distopie? Quali bisogni vengono appagati dall’immaginare futuri catastrofici, in cui l’umanità confluisce, senza ulteriori speranze, in una conclusione inesorabile della sua storia naturale e sociale? Per quale motivo la mente narrante sente la necessità di ipotizzare un ribaltamento della naturale propensione ottimistica del lieto fine?
La distopia è “un modello di società perversa, ottenuto o rovesciando la società in atto per smascherarne il vizio e denunciare la malvagità da cui difendersi o proiettando nel futuro le tensioni negative della società in atto, potenziate e portate alle estreme conseguenze” (Mariani, 2014).
Pur nella specificità dei contenuti trattati e dei formati narrativi adottati (libri, film, videogames), le distopie ruotano intorno ad alcuni temi ricorrenti, presumibile proiezione di paure, preoccupazioni e conflitti della realtà attuale:
- il disastro ecologico e climatico
- la drastica riduzione dell’umanità a seguito di conflitti bellici e atomici
- la sterilità
- la libertà di espressione violentemente minacciata dall’omologazione di pensiero
- la ricerca violenta del potere economico e sociale
…ma soprattutto, nonostante tutto, la mobilitazione risolutiva e la ricerca di senso dell’esistenza.
La distopia, quindi, come meccanismo proiettivo delle angosce attuali ed espressione di uno sforzo ermeneutico di reinterpretazione del presente.
Che cosa rende una storia interessante e degna di essere ascoltata? Una storia di successo deve innanzitutto ottenere l’attenzione del cervello e l’elemento che più attiva il nostro cervello e cattura la sua attenzione è il cambiamento. Molte storie prendono avvio da un evento inaspettato che produce una situazione di squilibrio rispetto allo stato iniziale: i nostri sistemi percettivi vengono azionati in presenza di mutamenti da rilevare, che fanno registrare un picco di attività neurale.
Tuttavia, l’essere umano è un naturale investigatore della realtà circostante, fin dalla nascita. Pertanto, non si accontenta di registrare il cambiamento, ma si attiva per interpretarlo e comprenderlo. L’evoluzione ha dimostrato che ci sono dei vantaggi evolutivi nell’inventare storie e, in particolar modo, del pensiero controfattuale: i racconti di fantasia sono infatti per la mente umana veri e propri esercizi di problem solving, che, attraverso la simulazione di processi decisionali, di pianificazione di attività e di progettazione, supportano anche nella realtà la capacità di affrontare le situazioni, elaborare ipotesi, risolvere difficoltà e portare a termine obiettivi. La narrazione distopica, nel suo drammatico dispiegarsi di possibilità, stimola la ricerca di soluzioni alternative.
La produzione di distopie potrebbe quindi funzionare come educazione all’immaginazione propositiva, alla creatività costruttiva e socialmente ancorata, alla progettazione militante di un nuovo consapevole, critico e impegnato.
“I libri erano soltanto una specie di veicolo, di ricettacolo in cui riponevamo tutte le cose che temevamo di poter dimenticare. Non c’è nulla di magico, nei libri; la magia sta solo in ciò che essi dicono, nel modo in cui hanno cucito le pezze dell’Universo per mettere insieme così un mantello di cui rivestirci” (Fahrenheit 451, Ray Bradbury)
- Antonella Bastone (2021), Le fiabe raccontate agli adulti. Storie di ieri e di oggi per la formazione, Celid Edizioni
- Anna Marina Mariani (2014), Pedagogia e utopia. L’utopia pedagogica dell’educazione permanente, Editrice La Scuola